La storia dell’abito? È quella delle donne!

Ah, l’abito! Ma lo sai quanta storia, bellezza, magia c’è dietro ogni abito che indossi? Sì, perfino il più semplice tubino nero è simbolo di un percorso sofisticato, che dai greci è arrivato ai nostri guardaroba e che non smette di raccontare storie di donne, desideri di eleganza, bisogno di esprimere se stesse, di trovare l’alleato ideale. Non più solo “utile” per coprire il corpo ma “indispensabile” per rappresentarci, per parlare di noi e, soprattutto per farci sentire bene, fisicamente e psicologicamente. Ti sembra poco?

Ogni abito porta in ogni sua fibra il peso della Storia: attraverso la sua, di storia,  possiamo addirittura ripercorrere l’evoluzione del ruolo della donna nella società. E chi meglio di noi di RED CAPSUL, che dell’abito abbiamo fatto il nostro baluardo, possiamo raccontarti tutto di lui? No, non ti preoccupare: non ti annoieremo con una serie di date, avvenimenti, rivoluzioni culturali e sociali. Quando parliamo di abito, di vestito femminile “tutto d’un pezzo”,  a noi viene solo voglia di parlare… di donne!

Hai presente Cleopatra, con i suoi occhi bistrati e il suo fascino, avvolta in una veste di lino lunga fino a terra? Dopo le tuniche e il kandys (una specie di accappatoio con maniche corte stretto da una cintura di tessuto) confezionati da sumeri, assiri e babilonesi, è l’immagine dell’intrigante figlia del faraone quella che ci fa capire meglio come fossero fatti i vestiti, prima che qualche couturier si decidesse a metterci mano! E cosa dire di tutte le dee della Grecia classica? I loro abiti erano minimal ma ultra chic: pepli ampi e comodi, fissati alle spalle con spille decorate e cinte con una fascia, in tessuti lievi. Chissà, forse nacque proprio allora il nude look tanto amato dalle celeb di oggi!

Poi ci vengono in mente le belle donne patrizie, il cui look prevedeva la stola (tunica molto ampia e lunga), la recta (una tunica bianca senza maniche) e la palla, mantello usato anche per coprire la testa. 100% chic! Lo sai che l’introduzione dei broccati si deve ai Bizantini? Perfino RED CAPSUL a loro deve molto: senza i tessitori di Costantinopoli non sarebbero mai nati i tessuti stampati, la versione più democratica dei sontuosi broccati, inventati proprio per imitarli. E sai bene che a noi le fantasie piacciono immensamente! Hai dato un’occhiata a quelle che coloreranno la Primavera in arrivo? Clicca qui: c’è da perderci la testa!

Tornando alla Storia, pensando agli abiti e alla loro evoluzione, ci viene in mente la principessa Teodolinda, raffinata protagonista dell’integrazione tra Longobardi e Romani (oltre che bella, intelligente, molto amata dal suo popolo): le immagini che la ritraggono ci raccontano la sua sobria eleganza, fatta di abiti ricamati sui quali veniva indossata la dalmatica (una sopraveste decorata) o un mantello prezioso. Il giro vita? Non era considerato degno di evidenza e non vi erano vestiti femminili stretti in vita. Fino al Rinascimento.

Questo è il tempo di Caterina Sforza, Isabella d’Este, Lucrezia Borgia, Caterina de’ Medici… Ognuna di loro ha lasciato indelebili segni di stile. Scolli ampi, corsetti aderenti, damaschi, velluti e broccati anticipano l’epoca Barocca del ‘500, dove lo sfarzo annulla la comodità e la naturalità dei corpi e dove corsetti e busti stringevano vita e torace in modo ossessivo…  Ti sarebbe piaciuto vivere in quell’epoca? A noi di RED CAPSUL decisamente no. Non a caso ai nostri abiti cerchiamo di infondere tutto il comfort possibile e di renderli adatti a ogni tipologia di silhouette.

Caterina de’ Medici
Caterina Sforza

La regina Maria Antonietta, imprigionata nelle sue crinoline, probabilmente avrebbe molto invidiato le donne del XXI secolo (e le nostre creazioni!). E se ti diciamo Coco Chanel, cosa ti viene in mente? Le parole “fluidità” e “comodità” le calzano a pennello: i suoi abiti scivolati sul corpo, in morbido jersey, sono lo specchietto tornasole di nuove esigenze, nuove libertà. Dopo la Seconda Guerra Mondiale ci si ritrova tra le mani di Christian Dior, che rivoluzionò il guardaroba femminile a suon di vitini da vespa, gonne ultra vaporose, tessuti ricercati. Gli anni tra i ’50 e i ’60 sono quelli di Sophia Loren e Gina Lollobrigida, Jackie Kennedy e Grace Kelly e tutta la loro favolosa, leggendaria eleganza.

Chi ama il corto non può non sapere che fu Twiggy, una parrucchiera di 17 anni dal fisico minuto e androgino (soprannominata, appunto, “grissino”), ad aprire la strada alle topo model teenager e a lanciare la minigonna inventata da Mary Quant. E poi? Poi c’è l’indimenticabile Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, con quel tubino nero perfetto cucito addosso a lei dal suo amico Hubert de Givenchy. C’è Diana von Fürstenberg, con quel wrap dress che inventò nel 1974 dopo il suo divorzio, che si impose come l’opposto dell’impeccabile little black dress e che, in morbido jersey, con scollo a V e un sistema di chiusura con lacci come una vestaglia da camera, divenne subito sinonimo di libertà, abbracciando dolcemente le forme senza costringerle. Tutte le forme!

Ecco, malgrado le tipologie di abito siano tantissime, malgrado ne esista un numero infinito per ogni circostanza, malgrado la moda li riproponga senza soluzione di continuità, a volte leggiadri e lunghi fino ai piedi, altre corti e geometrici, a volte fluidi, altre scultorei, a noi piace concludere questa breve storia dell’abito proprio con il wrap dress, elevato a simbolo di libertà e inclusione. E, anche, con una granitica certezza: ogni abito, anche il più sofisticato ed elegante, deve adattarsi alle forme del corpo di ogni donna, mai il contrario!

Twiggy
Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany

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